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Capitolo 1
Non c’è piano senza rottura
Circolo: Team Viking Nato nel: 1966
GM nel: 1997
Evgenij Agrest è originario di Vitebsk, in Bie- lorussia, ma si è trasferito in Svezia nel 1994. Quattro volte Campione svedese, è famoso per il suo gioco solido ma molto energico. Il suo circolo, il Team Viking, contende ogni anno la vittoria nel Campionato svedese a squadre a quello di Lund, e il più delle volte ha avuto la meglio.
I pedoni sono l’anima degli scacchi è una cita- zione vecchia di 260 anni, ma ancora perfet- tamente valida. In realtà, nel suo Analyse du jeu des Échecs, Philidor scrisse: “[...] de bien jouer les pions; ils sont l’âme des Echecs”, che tradotto alla lettera significa “giocare bene con i pedoni; sono loro l’anima degli scacchi”. Il verbo giocare mi spinge a interpretare questa frase come un’esortazione non solo a gestire bene i pedoni, ma anche a muoverli. In quest’ottica appare ancora più azzeccata: i pedoni vanno usati attivamente. O meglio, come leve.1
Negli scacchi, il ruolo della leva è affidato proprio alle spinte di rottura. Una spinta di rottura è una mossa con cui un pedone si porta sotto tiro di un pedone nemico, che avrà così la possibilità di catturarlo. Oltre ad avvicinare di un passo il pedone alla pro- mozione, simili spinte servono anche a rea- lizzare altri scopi importanti.
In questo capitolo mi propongo di chiarire per quale motivo le spinte di rottura siano così essenziali nell’escogitare un piano. Ini- zieremo parlando delle loro possibili fun- zioni, chiudendo poi la sezione con quattro esercizi. La seconda sezione è strutturata invece nel modo inverso: si apre con cinque esercizi e prosegue affrontando il problema di come formulare un piano in assenza di spinte di rottura plausibili: la difficoltà di quest’operazione è appunto il messaggio di
1 Una leva è “un’asta rigida che ruota attorno a un punto chiamato fulcro e viene utilizzata per sol- levare un carico pesante o saldamente ancorato”. Una macchina elementare che può fare meravi- glie. «Datemi una leva e vi solleverò il mondo», declamava Archimede.
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